LA CITTÀ TERRENA LA CITTÀ CELESTE

(6 Pannelli istoriati)

DESCRIZIONE DELL’OPERA

Una tempera intelaiata su pioppo in forma di croce racchiude il senso della vita, dell’inizio, della fine e dell’eternità. Si tratta di un vero atto di fede del pittore. Il racconto può aver inizio dal basso dove è raffigurata la ricostruzione di un edificio e, attraverso la distruzione delle armi, rese inoffensive dal fuoco che le trasforma in un mare ardente, giungere all’aprirsi del paesaggio ancora solo intravisto attraverso le arcate di un portico, di una loggia, per diventare infinito orizzonte su cui si avviano le strade percorse dalle madri, da giovani coppie, da animali, da un sacerdote circondato dai fanciulli, segni tutti di pace, di amore, segni tutti, insieme al paesaggio, della costruzione dell’anima.
Sul mondo si addensano le ombre contrassegnate dal colore blu, il dolore e la fatica definiti dai rossi, mentre l’arrivo alla città celeste attraversa i paesaggi verdi delle colline degli altri quadri di Patrizi. In alto avviene l’esplosione dei gialli, il colore del grano maturo, del raccolto, della gioia e della luce.
Nel primo riquadro in basso sono presenti quattro figure di uomini, nel secondo due figure, nel terzo ancora quattro, per giungere infine in alto a un numero consistente di figure libere dai vincoli dello spazio segnato dall’architettura, collocate fra terra e cielo su un territorio che vive l’unica stagione dell’eterna luce.
L’opera si distribuisce in verticale lungo i bracci della croce, in questo tanto simile a un’icona o alla poesia del Libro delle croci che conclude la raccolta di poesie degli anni Sessanta Poesia in forma di rosa di Pier Paolo Pasolini. Scrive Marco A. Bazzocchi (www.doppiozero.com, 26 settembre 2015): « Erano calligrammi, cioè testi che riproducevano, attraverso la lunghezza variata dei versi, la forma della croce: una forma prediletta, se è vero che col segno della croce si chiude Accattone, sulla croce muore Stracci, protagonista della Ricotta, con le braccia legate a croce muore Ettore in Mamma Roma. La croce è il luogo del sacrificio, ma il punto che si trova all’incrocio dei due bracci è un punto messianico: da lì il tempo ricomincia, la Storia riprende il suo corso.»
C’è sicuramente una tensione verso la speranza di un mondo migliore, verso il superamento delle contraddizioni che connotano il nostro tempo, che associa il nome del pittore a quello del poeta. C’è in entrambi la forte nostalgia per modelli di vita modulati sulle leggi della natura; hanno spazio nei dipinti dell’uno e nella poesia dell’altro il tema del lavoro e il tempo della contemplazione, il tema della guerra e quello della pace. Ma, mentre nel poeta prevale la voce del Politico, nel pittore quella dell’uomo di fede, che fa prevalere la via segnata da Cristo, sofferta dentro le alterne vicende dell’esistenza, su quella della lotta di classe. Per ambedue, comunque, resta l’attesa rassicurante del sorgere, oltre la croce, di un alba nuova per tutti gli uomini.

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